Ti è capitato di sentirne parlare, ma non sai bene di cosa si tratta? Nell’articolo info e curiosità su tessuto burnout.
Quando leggiamo le descrizioni dei capi sui siti e-commerce spesso ci troviamo di fronte parole che non conosciamo e di cui non sappiamo il significato. C’è anche da dire che, di sovente, vengono inventati, o importati, nuovi termini che sostituiscono i vecchi, come ad esempio la parola outfit. Nrgli anni Ottanta di diceva “look”.
Nel mondo dei tessuti, alcuni materiali si distinguono per la loro lavorazione unica e il loro impatto visivo. Il tessuto burnout, noto anche come devoré (che in francese significa “divorato”), è uno di questi. Si tratta un materiale che gioca con i contrasti, unendo la leggerezza della trasparenza alla ricchezza del velluto o della ciniglia.
Cos’è il tessuto burnout
Il tessuto burnout non è propriamente un materiale, ma una tecnica di lavorazione che crea un motivo semitrasparente. La lavorazione viene fatta su tessuti misti, composti da fibre diverse, come ad esempio velluto di seta (fibra proteica) e rayon (fibra vegetale).
Il processo, viene anche chiamato “devoré”, perché consiste nell’applicare una pasta chimica (spesso un acido solforico) su aree specifiche del tessuto. Questa pasta letteralmente “brucia” (da qui il nome burnout) o “divora” (quindi devoré) una delle due fibre. Ad esempio, su un misto di velluto di seta e rayon, l’acido agisce solo sulla fibra di rayon, lasciando intatta la seta. Il risultato è un tessuto con un motivo a rilievo, dove alcune aree sono opache (la fibra che non è stata intaccata) e altre sono completamente trasparenti (la fibra che è stata rimossa).
Origini e storia del tessuto burnout
La tecnica del devoré nasce in Francia, probabilmente all’inizio del XX secolo. Era un metodo innovativo per creare disegni complessi e sofisticati su tessuti come il velluto, che fino a quel momento erano considerati troppo pesanti e rigidi per determinate applicazioni. Questo ha reso possibile il suo utilizzo per dar vita a capi eleganti e leggeri allo stesso tempo.
Negli anni Venti, il tessuto burnout ha conosciuto un grande successo. Le donne, che si stavano liberando dalle costrizioni della moda vittoriana, hanno adottato tessuti fluidi e leggeri. Abiti, sciarpe e foulard in burnout, con i loro motivi floreali e geometrici, erano perfetti per un’eleganza che combinava il lusso con un tocco di spensieratezza.
Qeusto tessuto è poi tornato di moda negli anni Novanta, cavalcando l’onda dello stile grunge e bohémien. Top, vestiti e tuniche in burnout, spesso abbinati a jeans o gonne lunghe, sono diventati un must-have per chi cercava un look alternativo, sensuale e un po’ misterioso.
Per cosa viene utilizzato oggi
Grazie al suo effetto “vedo-non-vedo“, il tessuto burnout viene utilizzato per creare capi d’abbigliamento che uniscono eleganza, sensualità e un tocco di originalità.
Abbigliamento da sera e cocktail
Abiti, top e sciarpe in velluto burnout sono perfetti per le serate speciali. La combinazione di texture opache e aree trasparenti crea un gioco di luci e ombre che valorizza la silhouette e attira l’attenzione.
T-shirt e top casual
Per un look più casual ma ricercato, le t-shirt o i top in jersey burnout sono la scelta ideale. Danno un tocco di carattere anche al look più semplice, come jeans e sneakers.
Accessori
Questo tessuto viene spesso utilizzato anche per sciarpe, foulard e mantelle dando vita ad accessori leggeri e sofisticati possono trasformare un outfit e aggiungere un tocco di classe.
Arredamento
Oltre all’abbigliamento, il tessuto burnout viene utilizzato anche nella realizzazione della biancheria per la casa, come coperte o cuscini, aggiungendo un tocco di lusso e raffinatezza all’arredamento.
Foto di capi in tessuto burnout
Questo bellissimo abito perfetto per una serata è un vestito in burnout.
Quello sotto invece è un body in burnout. Non è bellissimo?
Ora conosciamo meglio questo tipo di tessuto, o meglio, di lavorazione. A te piace? E se ami il cucito e vuoi comprarlo qui trovi ==> tessuti al metro.